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SESSO DROGA E TARANTELLE” – anno 2020

Romanzo disponibile sugli store : La Feltrinelli , ilmiolibro.it , Libreria Universitaria.it , IBS.it , Amazon.com , Librerie.coop.

 

“PECCATO & TRADIZIONE” – anno 2016

 

“Peccato e tradizione” porta nei suoi fogli una volontà impetuosa di bene, che diventa poi amore. Pensare che l ‘esistenza umana abbia come tormento la contesa fra la vita e la morte è una menzogna. Il sigillo sull’esistenza come ultimo atto ha a che fare con l’amore che si oppone alla disgregazione. Sembra essere questo il messaggio del libro. Di Donato è un poeta e, come i poeti, lo sa che l’amore non è un sentimento ma una forza “che move il sole e le altre stelle” è il carburante che brucia nel viaggio fino in fondo all’essere per guardare cosa c’è negli occhi di Dio, se la parola morte o qualcos’altro.

Danilo Vignola

 

 

Credi solo a una voce nascosta sulla Luna.” Il Poeta DI Donato osa sfidare il Peccato creando con superbia e si alimenta di Tradizione recuperando la vita da un abisso con una lingua unica, una miscela di parole ascoltate in dialetto, che l’aria trasporta dal suo, nostro, Sud. “La vita la conoscono le persone che stanno zitte…..ma non indifferenti.” Per me vivente nell’oralità trasmessa dall’ origine mediterranea, “il silenzio non è tacere.”

Il Poeta è aggressivo e chiaro nell’ideale romantico del vortice dentro un fiore e di un amore pulito e un impegno da guerriero contro le ingiustizie: “con la Poesia che si trova sul primo bacio ricevuto e l’ultimo donato, lungo le carezze di una madre sul viso del proprio figlio, con le mani rovinate per la raccolta di pomodori.” Così è la lotta di vita del Poeta che “ingoia il grido dal sapore amaro, per nascondere la rabbia con profonda dignità….”

Peccato e Tradizione con “la misteriosa simpatia nel calpestare la polvere della sua terra”, vicina al mare e al vento di chi chiama da lontano come un antenato. E poi il grande amore che in un legame intenso fa sparire “il confine fra inferno e paradiso….” Un Poeta dal movimento stradale e universale, padre, madre,  e la casa, dove “…. se sta buon/ quann c’è gent ca t’assumiglia.”

Angelo Rodà

 

 

 

 

“EVASIONE DAGLI INFERI “ – anno 2015

Ho provato emozioni e sensazioni positive leggendo e dovendo commentare questa raccolta di
poesia di Giovanni Di Donato “Evasione dagli inferi” che si è presentata subito, ai miei occhi
carica di “dissolvenze” densa di immagini, sensazioni, evocazioni, suoni, di una poesia che grida, e
un grido che si fa poesia. L’Autore si offre generoso con domande senza mai, forse, soluzione che si stagliano sul piano di un persistente e forte simbolismo, accanto ad un “astrattismo” che apre l’occhio interiore alla curiosità, alla fantasia, a qualsiasi emozione sia essa positiva che negativa.
scrive così versi, Di Donato, vere e proprie indagini antropologiche e sociali che vedono gli aspetti
sociali e culturali come due punti di vista diversi sullo stesso fenomeno, per tentare di spiegare la
dicotomia fra le due realtà, l’una sociale, l’altra culturale. Ciascuno va alla ricerca del tempo bruciato lentamente, così come Giovanni per il quale le espressioni, i ritratti poetici, le figure usate per raccontare un percorso interiore vogliono essere uno stimolo per tentare di deviare il percorso della propria esistenza, ed è per questo che il Nostro, cerca di esprimersi con una certa naturalezza nella dimensione metateatrale. Bisognerebbe chiedersi e spiegare anche il perché questa di Giovanni sia una dimensione
metateatrale? La risposta che meriterebbe una discussione articolata e complessa, si può sintetizzare nel fatto che Egli riesce a induce il lettore a rompere le convenzioni a scapito del naturalismo attraverso il
pensiero e creando una “quarta parete”: il “sogno”, per edificare il mondo e la sua realtà oggettiva.
“Vorrei che tu fossi una sirena,…../Vorrei che tu fossi un semplice albero,…../Vorrei che tu fossi
una bianca stella,…../Vorrei che tu fossi una perfetta meridiana,…..” Il Suo parlare fantastico tenta sempre di farsi largo all’interno di un tracciato di “risposte” a quesiti insolubili e all’apparente assenza di speranze. Sono dissolvenze, come rifrangenza del tutto, come particolari dello stesso insieme, come “istanti che occupano uno stretto spazio fra la speranza e il rimpianto: spazio della vita.”; così scriveva Marcel Jouhandeau in “Algebra dei valori morali”. Dissolvenze come rifrangenze d’un’anima che Giovanni, vorrebbe riuscire a creare per catturare ogni momento, grazie alla formula magica della poesia che gli può dare la possibilità di sfruttarlo,perché “Non v’è cosa al mondo per la quale non venga un momento decisivo, e il capolavoro della buona condotta è riconoscere e cogliere quel momento.” (Cardinale di Retz in “Memorie”). Se ci limitassimo a parlare di ciò che le poesie di Giovanni Di Donato vogliono comunicare, il compito sarebbe facile; basterebbe infatti, leggerle le sue poesie e comprendere l’ubi consistam del suo dire. A noi spetta un compito diverso: trovare una chiave di lettura per offrire ai lettori la possibilità di uno spazio di riflessione, sempre correlata alla sensibilità individuale che ognuno di essi possiede per incamminarsi lungo la strada della ricerca etica ed estetica della verità.
Una connotazione letteraria mi sembra doverosa, vista la complessità del tema della raccolta; una
connotazione legata alla formula espressiva usata da Giovanni Di Donato che si caratterizza per la
scioltezza di un verso melodico e sonoro nello stesso tempo e la cui musicalità contribuisce ad
accrescere la suggestione della rappresentazione e rafforzare le ragioni espressive. Scrivevo prima che la sua poesia si gioca sul doppio piano del reale e del sovrareale con una capacità che possiedono quegli autori il cui poetare coincide sempre con l’esistere a tal punto da renderli capaci, e Giovanni lo è, di riscattare così con accenni vagamente romantici la luce al buio, dall’influenza altrui alla libertà; in una parola dalla morte alla Vita, come segno di catartica rinascita.
Luigi Ruggeri

 

 

 

 

“VERTIGINE”  – anno 2012

 

“Vertigine” è il titolo della Raccolta breve di Giovanni Di Donato. Si tratta di poesie e parole che possono racchiudere l’armonia di una vita, pagine che parlano al cuore e capaci d’ instaurare un dialogo trasparente d’immenso valore che si dipana attraverso la piena consapevolezza di cosa significhi il valore di un “Continuo a dipingere arcobaleni,/con la consapevolezza ed il rammarico/che un giorno vengano stuprati da ciechi veleni…..”. Questo di Giovanni Di Donato è un linguaggio che si fa voce sempre più forte nella piena consapevolezza che pur vivendo “…giorni grigi,/fatti di cieli e nuvole erranti,/di pensieri e respiri pesanti…..” il cammino verso la bellezza della vita vedrà “…all’ improvviso un raggio di luce illuminerà/il mio stanco viso, e dirigerà la mia nave verso nuove spiagge./Le onde mi culleranno, ed il vento asciugherà la mia fronte mentre ignaro, cercherò di ringraziare quell’umile faro,/che illuminò il mio debole e sfocato orizzonte”. Tentare di rendere vivo il segno di un ricordo, la malinconia d’un momento irripetibile, d’un passato che non torna più, si spiega proprio nella dolcezza d’un verso come questo di Giovanni Di Donato capace di interrogare e rasserenare al tempo stesso. Quando il dolore di una perdita si fa ancora più forte nel silenzio della solitudine, guardare il cielo per Lui vuol dire adagiarsi in balia del fruscio dei ricordi e provare ad immaginare che la persona amata possa essere “…..una perfetta meridiana,/cosicché io, sole irrequieto,/possa fermare il tempo, per scaldarti in eterno….”. Questa desiderata ricerca di quiete, come sosta del tempo, non ha affatto un significato negativo, perché il sostantivo del risorgente riscatto è sempre quello: “amore”. Un amore che per Giovanni bisogna cercare di rilevare da ogni occasione di vita o da ciò che essa genera, dalle forme e dai colori che sono le porte della prigione dell’animo umano, come immagine di bellezza da presentare e comunicare perché possa essere compresa da tutti. “Dove andranno i nostri sogni,/quando la nebbia veste/ di bianco i nostri giorni?…./….. Staranno forse sul tuo sorriso,/che non può morire, non può essere/ ucciso,/come non moriranno mai le tue parole,scolpite per sempre nel mio cuore”. L’amore che domina e spiega ogni Sua espressione, può considerarsi “ubi consistam” della ricerca dell’unica “verità” che passa per tutti come per Di Donato, attraverso una delle cose preziose che abbiamo e che non dobbiamo comprare: il tempo.”…. Con eleganza singhiozzo/in un vortice di incoscienza,/canto la mia ardua storia/con grida che raccontano ancora,/raccontano delle notti rubate alla morte….”. Una risorsa, il tempo, che ci appare sempre limitata… da usare nel migliore dei modi che non è solo un diritto ma un dovere verso chi ci ha dato la possibilità di viverlo e a sintetizzarlo grazie alla formula magica della poesia che offre a Giovanni la possibilità di mettere a nudo se stesso, come se occorresse morire per riacquistare un barlume di vita. Giovanni Di Donato, restituisce vita alla morte grazie alla Sua capacità poetico-letteraria che si accompagna ad uno stile in cui prevalgono quegli accenti romantici e crepuscolari che costituiscono la precipuità specifica della Sua poesia.